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Storia della mia vita 15


di Moltoesigente1
28.01.2024    |    3.371    |    4 9.5
"Il perizoma si stringeva intorno alla vita mediante una cintura regolabile con una fibbia..."
Continuazione da STORIA DELLA MIA VITA 14

CAPITOLO 15 - LA SOTTOMISSIONE E LE PUNIZIONI

Avevo molta paura di Ramona perché era la padrona più esigente e più inflessibile. Non ammetteva la minima disubbidienza e pretendeva una sottomissione completa e una devozione assoluta.

Ero cosciente di suscitare molti desideri in quasi tutti i transessuali e i travestiti che avevano occasione di conoscermi o di incontrarmi, non solo per il mio corpo efebico, la mia pelle liscia, morbida e vellutata e il mio aspetto femminile, pur essendo chiaramente un ragazzo, ma anche per la mia indole molto docile e remissiva, che stimolava istinti predatori per il possesso del mio corpo, risvegliando voglie maschie anche nei transessuali mentalmente più donne.

Ramona mi aveva ridotto alla schiavitù più profonda nei confronti di tutte e tre, ma la padrona più severa era lei ed era lei che mi infliggeva le punizioni più intense e più dolorose. Quando decideva di punirmi, cercavo di ammorbidire la pena gettandomi in ginocchio ai suoi piedi appoggiato sui talloni, con il capo chino e le mani giunte, supplicandola di avere pietà. Non riuscivo mai nell’intento. Anzi, così facendo la eccitavo ancora di più e gustava più a fondo il piacere che provava nell’infliggermi le torture più varie.

La punizione più severa era la frusta. In questi casi lei indossava di solito un tanga e le autoreggenti, molto alta sui tacchi dei suoi decolleté. Il tanga sul davanti presentava costantemente un enorme rigonfiamento.

Mi prendeva le mani giunte sollevandomi dalla posizione in ginocchio che avevo assunto per supplicarla e incurante del mio pianto e delle implorazioni (piangevo sempre sommessamente, senza gridare, perché non tollerava assolutamente le urla) e mi legava strettamente i polsi con una fettuccia. Poi mi trascinava verso l’angolo delle punizioni (o della tortura, come lo chiamavo io). Qui, attaccati al muro o sugli scaffali, erano posti tutti gli accessori da utilizzare di volta in volta: diversi tipi di fruste, cazzi di varie dimensioni, perizomi muniti di cazzo interno, anelli per stringere il cazzo, catene varie, ecc..

Nell’angolo c’era un mobile con la parte superiore imbottita e inclinata e due prolungamenti rettangolari del piano superiore pure essi imbottiti, ma con inclinazione variabile. Il mobile aveva la possibilità di sollevarsi sulle quattro gambe di una quarantina di centimetri, in modo da accedere con facilità anche al di sotto senza doversi chinare.

Il motivo era semplice: i miei polsi venivano legati a un anello sulla sommità della parte superiore, cosicché rimanevo piegato in avanti sul piano inclinato che mi arrivava quasi fino all’inguine; le cosce appoggiate sui due prolungamenti che lasciavano lo spazio in mezzo per i miei genitali liberi di penzolare. Sollevando il mobile si aveva facile accesso da sotto al mio cazzo e alle mie palle, mentre il mio culo era completamente esposto e disponibile.

In quella posizione era come se fossi appeso con i polsi legati sopra la testa, solo che, invece di pendere dal soffitto, mi trovavo semisdraiato con il petto e il ventre a contatto del piano inclinato e le gambe stese lungo i prolungamenti. Questi ultimi potevano a loro volta inclinarsi di più o di meno a seconda della posizione che la padrona voleva farmi assumere, in genere con le gambe quasi verticali, quindi come se fossi in piedi con il busto piegato in avanti.

Le mie caviglie venivano strettamente legate ai due prolungamenti laterali che potevano anche essere distanziati a piacere in modo da allargare le mie cosce e lasciare bene in vista il mio scroto e il mio cazzo che potevano così essere afferrati anche da dietro passando fra le gambe.

La padrona mi metteva poi un collare di pelle ben stretto intorno al collo, in modo da accrescere la mia sensazione di essere alla sua completa mercé. Il collare permetteva di agganciare una catena che veniva poi fissata a un anello del muro, corta abbastanza da rendermi impossibile qualsiasi movimento con la parte superiore del corpo.

Poi la padrona si dedicava con calma ai miei genitali, mentre io continuavo a piangere e a implorare pietà sottovoce. Spesso infilava un anello fino a raggiugere la base del mio cazzo e delle palle in modo da mantenere l’erezione una volta che il mio cazzo fosse diventato duro. Normalmente, però, già durante questi preparativi mi arrapavo da morire e con il mio cazzo bello turgido l’inserimento dell’anello diventava difficoltoso. In questo caso la padrona prendeva un nastro colorato e lo legava strettamente dove sarebbe dovuto stare l’anello, dandomi ulteriori sensazioni di costrizione completa.

Ero un ragazzo persino maniaco della pulizia: mi lavavo spessissimo e mi profumavo accuratamente l'ano anche un po' dentro l'orifizio. Il mio culo era rotondo, fresco e sodo, quindi un irresistibile oggetto di piacere.

A questo punto la padrona rivolgeva finalmente la sua attenzione al buchetto del culo. Dopo che le natiche erano state opportunamente allargate con entrambe le mani dalla padrona, lei stessa, oppure una delle altre ragazze, se presenti, si avvicinava al mio culetto e cominciava un’opera estremamente attizzante saettando la punta della lingua nell’orifizio anale con colpetti brevi e veloci.

Era qualcosa che mi faceva andare in visibilio: cessavo di piagnucolare e cominciavo a gemere di godimento con il mio buco del culo che si apriva e chiudeva verso la lingua della mia padrona nel tentativo di risucchiarla.

Dopo poco di questa tortura tesa ad accrescere a dismisura il mio desiderio, la lingua cominciava a premere sul buchetto, si faceva strada nell’ano e prendeva ad accarezzare la mucosa interna molto sensibile entrando fin dove poteva.

La mia tensione saliva al massimo. Se qualcuno mi avesse anche solo toccato il pene alto e ritto come un paletto, sarei esploso in un orgasmo indescrivibile. Ma la padrona si guardava bene dal fare una cosa simile: i giochi erano solo iniziati. Il mio cazzo rimaneva con il glande scoperto tutto bagnato dal liquido filante emesso per l’estrema eccitazione.

Dopo la libidinosissima leccata di culo, la padrona umettava il buco con abbondante lubrificante facendolo penetrare in profondità anche nel retto usando la giusta delicatezza. Poi sceglieva un cazzo fra quelli disponibili e lo inseriva in una specie di perizoma. Il perizoma si stringeva intorno alla vita mediante una cintura regolabile con una fibbia.

Alla cintura era connessa, posteriormente, una fascetta che si sdoppiava in due fili all’altezza dello scroto e che disponeva di una tasca nella quale veniva inserita la base del dildo. I due fili, poi, passati rispettivamente ai due lati dei genitali, si allacciavano alla cintura sul davanti con una stretta regolabile. Una volta inserito il cazzo nel mio ano, il perizoma veniva chiuso anteriormente, curando di stringere tutti gli agganci in modo da tenere premuto saldamente il cazzo dentro il culo e impedire che fuoriuscisse a causa della scivolosità del lubrificante.

Ormai era tutto pronto per la punizione. La padrona, dopo aver scelto con cura la frusta, procedeva sempre a palparmi le natiche con la mano sinistra per saggiarne la consistenza e la morbidezza.

In attesa spasmodica del primo colpo di frusta, senza riuscire a vedere cosa avveniva dietro di me, io riprendevo a piangere e a supplicare, anche se la paura del dolore si fondeva con la sensazione di libidine che mi dava il cazzo ben affondato nel culo.

“Aaaahhiii..” Appena la frusta cominciava ad abbattersi sulla mia parte più tenera, prendevo a singhiozzare.
“Aaaaahhhhiii…..”
Il secondo colpo era più forte e così anche il terzo, perché l’eccitazione di Ramona, alla vista del mio morbido culetto martoriato e riempito di cazzo, saliva sempre di più.

Al quarto colpo, il dolore era veramente molto intenso:
“Ti supplico, padrona, basta… ti supplico… non lo farò più… ti supplico… basta, ti scongiuro…”
Ma arrivavano altre frustate.
“Padrona, basta…. non ne posso più… pietà… pietà… sarò il tuo schiavo sempre più sottomesso e devoto…. sarò sempre ubbidiente a tutti i tuoi ordini…. pietà… per favore… pietà…”
Singhiozzavo disperatamente.

Al culmine dell’eccitazione Ramona si toglieva in un lampo il tanga scoprendo il cazzo dritto come una lancia e duro come il marmo, scioglieva il perizoma togliendo lentamente il cazzo di lattice dal mio culo e arrapata come non mai alla vista dei segni della frusta - strisce rosse che risaltavano sul candore dei miei glutei -, infilava con decisione il cazzo nel mio ano e cominciava a sbattermi con colpi profondi, tenendomi fermo con le mani strette intorno alla vita. In realtà non avrei potuto comunque muovermi, perché ero completamente immobilizzato, ma trattenendomi così Ramona, infoiata, mi fotteva proprio con vigore, mentre io potevo solo subire. Ma le sensazioni di piacere erano talmente intense che mi risalivano dentro il corpo facendo vibrare tutte le viscere fino al cervello, mentre persino il dolore provocato dalle frustate contribuiva a farmi godere.

Ramona non durava forse neppure un minuto e con profondi e prolungati gemiti di goduria scaricava nel mio retto quella grande quantità di sperma che era capace di produrre. Poi, senza uscire dal mio culo, cercava con la mano il cazzo in procinto di scoppiare, prendendolo da sotto.

Anche per me erano sufficienti due o tre movimenti in su e in giù delle sue dita strette intorno all’asta: il mio cazzo prendeva subito a contrarsi con forza e in un attimo emetteva tutto lo sperma accumulato fino a quel momento, spruzzando sul pavimento e riempiendo la mano della padrona, mentre emettevo mugolii e gridolini senza nessun ritegno.

Seguirà: CAPITOLO 16 - UN NUOVO INCONTRO SCONVOLGENTE

Titolo: STORIA DELLA MIA VITA 16
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